Quando si parla di risonanza magnetica si parla costantemente anche di claustrofobia e di episodi di panico legati ad essa. Questi eventi , che in campo medico possono anche essere definiti “eventi avversi”, sono effetti non desiderati nella procedura ma assolutamente comuni , possibili in tutte le occasioni e comunque in parte prevedibili.
Nella mia esperienza lavorativa ho imparato ad affrontare l’argomento da differenti punti di vista, partendo da quello dell’operatore che esegue l’esame, la segretaria che programma l’appuntamento o esegue l’acettazione del paziente, quello del medico radiologo che deve poi interpretare le immagini, quello del paziente ovviamente, ma anche da quello degli amici o famigliari che contribuiscono ad aggiungere una certa variabilità al fenomeno di cui stiamo parlando.
I fattori in gioco che possono aumentare o diminuire le reazioni clastrofobiche sono molti, oltre a quelli umani, parliamo di dettagli organizzativi della struttura, di locali in cui permane il paziente nei momenti che precedono l’indagine, dalla procedura di preparazione ed ovviamente dall’apparecchiatura RM utilizzata.
L’approccio medico al problema della claustrofobia in RM deve comprendere delle ottimizzazioni su tutti gli aspetti oggettivi del problema (organizzazione, preparazione, prevenzione e supporto) ma deve poi tenere conto ed adattarsi alle differenti problematiche esposte dal paziente e che si verificano al momento stesso dell’esame. Su tutti questi elementi possono essere spese molte parole e possono essere discussi approcci differenti a seconda dei casi, la cosa importante é cercare di arrivare al miglior risultato per il paziente.
Uno tra i fattori che puo’ influire maggiormente nella buona riuscita dell’esame é la corretta preparazione psicologica del paziente ed eventuale utilizzo di farmaci specifici che talvolta hanno effetto perlopiù per il loro effetto placebo.